Da Vatican News

In occasione del Giubileo delle famiglie, eseguite per la prima volta insieme la sera del primo giugno, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, le due sinfonie dell’iniziatore del Cammino Neocatecumenale. Fisichella: una sinfonia di questo genere ci ha insegnato che non siamo spettatori ma partecipi.
Debora Donnini – Città del Vaticano
Una musica che immerge nella sofferenza di Cristo e della Vergine Maria ai piedi della Croce, e allo stesso tempo imprime nel cuore la certezza della Risurrezione. È forte e immediato il coinvolgimento personale nell’ascoltare l’Opera sinfonica di Kiko Argüello, artista spagnolo e iniziatore del Cammino Neocatecumenale assieme alla serva di Dio Carmen Hernández. Un coinvolgimento commosso espresso non solo nei frequenti applausi ma soprattutto nella partecipazione della platea al canto del coro in un determinato momento.
All’auditorium Parco della Musica di Roma, per la prima volta ieri vengono eseguite insieme le due opere sinfoniche di Kiko: La Sofferenza degli Innocenti, dedicata al dolore della Madre di Cristo, e El Mesías, in onore dei martiri di oggi. A dirigere l’orchestra del Cammino Neocatecumenale composta da 100 musicisti – strumentisti e un pianista, Claudio Carbó – e da 120 coristi, è Tomáš Hanus, direttore dell’Orchestra Sinfonica Islandese.


L’evento si inscrive nel Giubileo delle famiglie e la riflessione dell’autore dell’ Opera Sinfonica, Kiko Argüello, nell’introdurre la prima parte, inizia proprio da questa realtà: in Occidente – sottolinea – la solitudine sta diventando la principale malattia. In un mondo segnato da divorzi, aborto e eutanasia, “Dio chiama le famiglie cristiane, a immagine della Famiglia di Nazareth, a portare Cristo agli uomini”. “Dalle famiglie viene generato il futuro dei popoli”, aveva infatti sottolineato la mattina di domenica primo giugno nell’omelia della Messa Papa Leone XIV. Kiko richiama queste parole accompagnate da un caloroso applauso dei presenti.
Quindi, ricorda l’ispirazione ricevuta dalla Vergine Maria: “Bisogna fare Comunità cristiane come la Sacra Famiglia di Nazareth, che vivano in umiltà, semplicità e lode: l’altro è Cristo”. Il Cammino Neocatecumenale nasce come iniziazione cristiana di riscoperta della ricchezza del Battesimo, che porta a rendere presente in una comunità l’amore vicendevole. “‘Amatevi come io vi ho amato, da questo amore tutti sapranno che siete miei discepoli’, cioè che siete cristiani. Questa – sottolinea Kiko – è la missione delle famiglie cristiane, una missione escatologica: mostrare al mondo che esiste l’amore”.

La Sofferenza degli Innocenti�
La prima sinfonia nasce proprio dall’esperienza vissuta da Kiko nella metà degli anni ’60 quando andò a vivere fra i poveri delle baracche di Madrid, colpito dalla sofferenza di tanti innocenti e capì che l’unica vera risposta alla sofferenza è il Signore Gesù.
Questa opera è stata eseguita per la prima volta nel 2011 in Terra Santa, alla Domus Galilaeae, sul Monte delle Beatitudini, e poi nei maggiori teatri, sale da concerto, piazze e cattedrali di tutto il mondo: dalla Cattedrale di Madrid al Metropolitan di New York, dal Suntory Hall a Tokyo al Gerard Behar Auditorium a Gerusalemme, fino all’Aula Paolo VI in Vaticano, per citare solo alcuni luoghi.
Cinque i movimenti che la compongono evidenziati dalle diverse sottolineature degli strumenti: “Getsemani” dove il tamburo ricorda che Giuda si sta avvicinando. Quindi, “Lamento” con l’arpa, “Perdonali” e “La Spada” in riferimento al dolore della Vergine Maria durante il quale tutto il pubblico si alza in piedi e con il coro canta “Maria. Madre di Dio”. A chiudere “Resurrexit”.
El Mesías
Dopo l’esecuzione della prima opera, Kiko introduce la seconda, El Mesías, già eseguita in prima assoluta nel 2023 al Teatro Verdi di Trieste, incentrata sulla Passione e la sofferenza di Cristo e dedicata ai martiri di oggi. “Noi cristiani – sottolinea Kiko – portiamo sempre nel nostro corpo il modo di morire di Cristo, perché siamo stati educati a stendere le mani sulla croce: nel matrimonio, nel lavoro, con i figli, con i nonni, con la comunità, con tutti. Portando sempre nel nostro corpo il morire di Gesù, perché si veda che in noi, Cristo è vivo!”. Kiko ricorda che “il cristiano è chiamato ad amare nella dimensione della Croce, l’amore al nemico”.
Le tre parti del poema sottolineano proprio questo. Il primo movimento si chiama Akedà e fa riferimento alla figura di Isacco che secondo la tradizione ebraica chiede al padre Abramo di essere legato per non ribellarsi al sacrificio. Poi c’è Figlie di Gerusalemme che richiama le parole, secondo l’evangelista Luca, dette da Gesù alle donne che lo guardano mentre attraversa la città dopo la flagellazione e, per sottolineare la drammaticità del momento, Kiko fa riferimento al compositore rinascimentale spagnolo Tomás Luis de Vitoria.

Infine, l’ultimo movimento che si rifà a una frase del martire del IV secolo Vittorino di Pettau: “Il Messia leone per vincere, si fece agnello per soffrire” perché, evidenzia Kiko, “tutti dovremo imparare a essere agnelli per soffrire”, chiamati a mostrare l’Amore di Cristo, che vince la Morte. Viene anche aggiunta un’espressione di San Quodvultdeus, un vescovo di Cartagine del secolo V, che dice: “Salì sul legno per essere sposo, per morire. E lasciò il suo sangue come dote per la sua Sposa Vergine”.
Si parla dunque dell’amore “che Cristo mette in ognuno di noi attraverso il suo Spirito Santo”. Il coro, quindi, termina con un canto di vittoria, un’esultanza di gioia, con l’Alleluia pasquale.
Fisichella: una sinfonia che immette nell’azione�
A organizzare l’evento Assunta Cannatà. Presente assieme a Kiko Argüello, padre Mario Pezzi e Ascension Romero, membri dell’equipe internazionale del Cammino Neocatecumenale, anche l’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo.
“Questa sinfonia – dice monsignor Fisichella ai media vaticani – innanzitutto manifesta la genialità di Kiko e la sua poliedricità: passa dalla pittura alla musica con una facilità incredibile, sapendo però che sta facendo un’opera di evangelizzazione. Credo che questo sia l’elemento che va sottolineato. Nell’evangelizzazione la via della bellezza – musica, arte, letteratura – sono tutte espressioni privilegiate per dare l’annuncio del Vangelo, che è annuncio del Mistero della Morte e Risurrezione di Gesù”.
L’arcivescovo ricorda che “certamente l’inizio della sinfonia deve esprimere il Getsemani, il silenzio della sofferenza”, dall’altra parte però c’è la gioia finale della Risurrezione, “l’annuncio della gloria”. “Quindi – rimarca – ancora una volta con una sinfonia di questo genere ci ha insegnato che non siamo spettatori ma partecipi. Il fatto che tutta la platea sia invitata a alzarsi in piedi e unire la propria voce a quella del coro, mi riportava alla Nona di Beethoven, ove per la prima volta nell’orchestra aveva messo un coro. Qui Kiko non immette solo il coro, ma tutta la platea. Quello che stiamo vivendo è una sinfonia dove c’è azione, dramma, coinvolgimento di chi assiste, c’è un non sentirsi isolati ma coinvolti all’interno di questo annuncio che viene fatto”.

Centrale è poi il fatto che questa Opera venga eseguita durante il Giubileo della famiglia. Il presule ne parla ricordando le parole di Leone XIV in tale occasione. Sottolinea anche che “viviamo soprattutto in Occidente la crisi della famiglia”. “In una società in cui domina la tecnologia, se la famiglia non ottiene di nuovo il suo posto, se non è la cellula fondamentale, emblema di una realtà dove ognuno si sente accolto, dove nessuno si sente solo, allora dobbiamo concludere che non siamo davanti a una via di progresso, ma di involuzione”. “La Chiesa – sostiene – deve fare di tutto per svolgere il suo ruolo profetico nei confronti della famiglia” mettendola al centro della sua attività pastorale e far comprendere al mondo, alla società e alla cultura, che se si emargina la famiglia non c’è una direzione reale dove si possa essere destinati, “c’è piuttosto un guardare a sé stessi, essere ricurvi sulla tecnologia ma senza la famiglia viene meno quella dimensione di profonda umanità di cui l’uomo di oggi ha profondamente bisogno”.

Ouellet: serenità e speranza in questa musica
Da parte sua il cardinale Marc Ouellet, prefetto emerito del Dicastero per i Vescovi, sottolinea che la prima parte dell’Opera sinfonica “parla della dignità della sofferenza”. “Mi colpisce – afferma ai media vaticani – la serenità e la speranza che c’è in questa musica, c’è la vittoria del Risorto”: affronta una tematica molto triste, “ma la musica non è triste, anche nei momenti dove c’è il lamento, è come avvolto in una melodia armoniosa e questo colpisce molto, personalmente”. Della seconda parte ricorda che i temi sono diversi: “fa più riflettere sul peccato, sulla nostra poca testimonianza, ma sempre tutto questo attraversato dal dono del Crocifisso. Questo si sente che è dominante”.
In generale “la musica mi ha impressionato per la parte ebraica, spagnola, c’è come una mescolanza di ritmi e melodie, che è una sintesi bellissima e profondissima… Capisco che gli ebrei si sono sentiti capiti”, osserva il porporato, perché in varie parti del mondo dove è stata eseguita sono andati ad ascoltarla anche molti rabbini. Sulla famiglia sottolinea che “la forza del carisma neocatecumenale è la famiglia” e che “la missione della Chiesa deve passare per la famiglia”.
Una sinfonia, dunque, che con i suoi diversi piani, catechetico e artistico, si traduce, commuovendo prima il cuore in modo personale, in una via di evangelizzazione.


